Netanyahu reagisce alle rivolte: ecco cosa potrebbe succedere agli immigrati illegali in Israele

Israele
Una nuova e inaspettata tempesta si abbatte su Israele, portando con sé un’escalation di violenza che ha scosso le strade di Tel Aviv. Mentre il paese affronta la sua più grande crisi civile a causa del controverso piano di riforma giudiziaria del governo, annunciato a gennaio e che ha scatenato ampie manifestazioni di protesta per ben 35 settimane consecutive, ora siamo testimoni di un nuovo fronte di battaglia.
Sabato scorso, scontri tra fazioni eritree, sia sostenitori che oppositori del regime di Eritrea, hanno fatto tremare il sud della città israeliana, lasciando intravedere il triste stato di incertezza legale in cui si trovano migliaia di richiedenti asilo. Le strade di Tel Aviv si sono trasformate in un campo di battaglia, dove gli eritrei hanno utilizzato barre di ferro, bastoni e pietre come armi, scatenando una violenza senza precedenti. Il bilancio è stato devastante: 170 persone ferite, di cui 19 in gravi condizioni, 39 arresti e numerosi danni a edifici e automobili.
La gravità di questa lotta ha spinto il Primo Ministro Benjamín Netanyahu a convocare una riunione d’urgenza domenica scorsa, al fine di proporre misure drastiche per reprimere i rivoltosi. Tra le proposte fatte rientrano l’estensione delle detenzioni e persino la possibile deportazione immediata degli immigrati illegali coinvolti negli scontri. Netanyahu si è mostrato perplesso e indignato per l’ostacolo legale che impedisce l’espulsione di coloro che manifestano aperto sostegno al regime eritreo.
Non sorprende che, nella settimana precedente, diverse chiese eritree in Israele abbiano inviato una lettera alle autorità, scongiurando di non autorizzare un evento organizzato dall’ambasciata di Eritrea, proprio a causa del rischio di scontri e violenza. Tuttavia, nonostante l’aumento della tensione, le autorità locali continuano a sostenere che la maggior parte degli eritrei è giunta in Israele per motivi di lavoro.
In questo scenario di caos e divisioni, si è acceso un acceso dibattito politico in Israele, con l’opposizione che difende il ruolo fondamentale della Corte Suprema e addossa al Primo Ministro Netanyahu la responsabilità della precaria situazione degli immigrati nel paese. Le polemiche sono forti e i toni si fanno sempre più acuti, mentre la popolazione israeliana guarda sgomenta a questa nuova crisi che si è abbattuta sul paese.
In un’epoca in cui la solidarietà umana dovrebbe prevalere, Israele si trova diviso e dilaniato da una crisi sociale ed etnica che mina la sua stabilità e rafforza le tensioni già presenti nella società. Ciò che accadrà ora è incerto, ma una cosa è certa: il popolo israeliano dovrà affrontare queste sfide con coraggio e determinazione, cercando di trovare una soluzione che garantisca la convivenza pacifica e il rispetto reciproco. Solo così potrà superare questa crisi e tornare alla normalità che tutti desiderano.